1964 - UNA LEZIONE DI ARCHITETTURA: LE VILLE VENETE

 

     

 

       Volete, dopo averlo sognato mille volte, trovarvi in mezzo al Paradiso terrestre? Prendete il treno o un aereo, arrivate a Venezia e internatevi nel retroterra lagunare. Percorretelo in lungo e in largo, soffermatevi qua e là ad ammirare, a godervi la pianura veneta che abbraccia il trevisano e il vicentino, indugiate lungo tutte le strade che fuggono verso i monti, fiancheggiate da alberature ad alto fusto sempre verdi, lungo le cui strade, ai fianchi, sorgono infinite, una dopo l’altra, una più bella dell’altra, le Ville Venete di cui avete sempre e tanto sentito parlare e letto, sentito tanto decantare e descrivere da giornalisti, viaggiatori italiani e stranieri, scrittori e poeti di tutto il mondo e di tutti i tempi, di sempre.

     Ed ecco dinnanzi a voi, come perle nel cavo di una mano, dischiudersi l’incantevole visione delle genialissime costruzioni agresti del Falconetto, Sammichieli, Sansovino, del Palladio il grande scenografo, dello Scamozzi, Muttoni, Calderai e tanti, tanti altri così detti minori, che gareggiarono per gusto e chiarezza costruttiva coi più celebrati, e che ben meriterebbero di essere conosciuti perché da tutti si ha qualcosa di buono e di bello da apprendere, da tutti si ha da imparare a misurare e contenere lo slancio a vantaggio dell’armonia e della misurata, ritmica adattabilità al terreno circostante, alla sua ondulazione e variabilità, per far convergere tutto verso la visibilità e viabilità, verso quanto dovrà snodarsi intorno al nucleo centrale dal quale degradano, come una piramide, i gruppi meno nobili, fino a congiungersi, senza dissonanze o bruschi passaggi, col terreno circostante disposto a terrazze e sistemato a scalinate nei prospetti che conducono alle arterie principali.

     Certo, quegli architetti, prima di progettare e costruire, dovettero studiare attentamente la ricettività o accoglienza della costruzione, il suo adattamento e inserimento nel paesaggio circostante anche in previsione dello sviluppo, dell’andamento che andava assumendo la costruzione stessa e l’uso alla quale era devoluta e l’andamento del terreno più o meno atto ad accogliere giardini ed alberature. Osservate il misurato digradare degli alzati, dai piani così detti nobili ai servizi, alle abitazioni o ricettazione della servitù, alle scuderie, ai magazzini; e così via via, a mano a mano che il terreno degrada, cede come cera al pollice di un abile e sensibile modellatore di statue, come argilla al consumato vasaio.

     Resterete certo sorpresi e vi domanderete come mai queste costruzioni siano pervenute sino a noi in così perfetto stato di conservazione, come siano pervenute al nostro godimento intatte nella strutturazione essenziale e nella parte decorativa sempre armoniosa e ricca, mai esuberante, sempre originale, varia, misurata.

     La risposta, esauriente sotto ogni aspetto, illuminante, la troverete nel bel volume di Giuseppe Mazzotti,  edito dalle edizioni d’arte Bestetti di Roma e recentemente ristampato con arricchimento di nuovo materiale illustrativo in bianco e nero e a colori, di nuove acquisizioni al patrimonio delle Ville Venete. Perché tante di esse, trascurate e non più riconoscibili, non più tenute in quella considerazione che per tanto tempo le fecero ricercare e ammirare, erano cadute in una riprovevole dimenticanza e trascuratezza per chi sa qual tesoro d’arte inestimabile siano le Ville Venete, oggi particolare oggetto di , di amorosa e diuturna riscoperta da parte di Giuseppe Mazzotti che, ad una rara competenza, unisce il sussidio di una cultura artistica non comune, di una conoscenza delle cose d’arte di tutta la regione veneta che riteniamo assai pochi posseggano così viva e disciplinante, così comunicativa da trasmettersi e inoculare in chi l’ascolta amore e interesse per la impareggiabile bellezza del paesaggio, per le sue singolari costruzioni, per la luce e l’atmosfera che fasciano morbide il raro paesaggio, la rara oasi di pace e di godimento spirituale.

     Il tesoro delle Ville Venete è patrimonio di tutti, dell’Italia e del mondo intero, delle generazioni presenti e future, dei forestieri che, numerosissimi, a ondate, a frotte, vi sciamano nella stagione estiva, scoprendo e riscoprendo e godendo sempre nuove sorgenti di bellezza paesistica e d’arte.

     Se vi sarà dato poi di avere prima tra le mani, di sfogliare e leggere l’opera singolare del Mazzotti – ma a me sembra più che una dotta guida o un viatico per meglio conoscere ed amare tutti questi tesori, una efficace ed indimenticabile lezione di architettura – voi correrete certo a riscoprire e gustare nella realtà questo inalienabile tesoro in tutta la sua dispiegata bellezza, nella sua reale e palpitante esistenza ed a ricavarne quegli insegnamenti utili, in modo particolare, per l’architetto di oggi, per quell’architetto proprio geniale…che, da un capo all’altro del mondo ha immiserita l’abitazione – con tutti i vantaggi della funzionalità – ad un angusto, freddo e disadorno scatolame; a parte, insistiamo, la tanto lodata e decantata abitabilità, come se questa fosse condizione a non disposarsi alla bellezza artistica, all’accoglienza spirituale. Aria, luce? Sono strozzate, sacrificate anch’esse, specie per la mancanza di verde, di spazio, di quel congestionamento indispensabile a rendere la vita meno pesante e insopportabile di come in realtà non sia, cioè appestata dagli uomini stessi.

     Ma torniamo alle Ville Venete e non priviamoci di tanto incredibile ed impagabile godimento degli occhi e dello spirito.

     Di tanto tesoro d’architettura s’era perduto, sino a pochi anni fa, anche il ricordo. La sua riscoperta e rivalorizzazione è piuttosto recente e, lo ripetiamo, si deve in massima parte alla diuturna fatica e amore del Mazzotti ch’è riuscito a far creare l’Ente Ville Venete. E’ ora questo provvidenziale Ente che si occupa del suo inestimabile patrimonio, e se ne occupa ricostruendo dal devastato e restaurando, riscattando dall’offeso e mutilato, e restituendo alla sua primitiva matrice, alla adamantina primitiva stesura o idea dell’artista costruttore e del Signore che gli fu sempre a fianco (Giangiorgio Trissino insegni), suggerendo e richiedendo questo e quel particolare, questo e quell’accorgimento che spesso sfugge all’architetto progettista e al costruttore che non vede l’abitazione coi suoi confronti, coi suoi mobili, coi suoi disimpegni e servizi e direi persino coi suoi ninnoli raccolti in tutta una vita e sparsi nella casa coi ricordi perfino della fanciullezza compresa.

     Del corpo delle Ville Venete, poche resistevano ancora, poche erano avanzate intatte alle incurie degli uomini e ai morsi del tempo. Qualcuna, delle più belle, era stata vandalicamente saccheggiata a scopo di lucro, acquistata e squartata per alienarne al migliore offerente le sue membra asportabili: mobili, ferri battuti, statue, dipinti, parchi immensi trasformati in boschi per il taglio del legname di alberi i più preziosi e rari, cariche di storia e di incontrastata trascorsa bellezza. Le ville più celebrate, esaltate, cantate, storicamente e letterariamente conosciute, non erano del pari custodite e conservate con quella cura e amore che le cose d’arte di inestimabile valore richiedono.

     Molte di queste ville erano state danneggiate quasi irreparabilmente, molte distrutte da eventi bellici, molte sono state teatro di grandi momenti storici della vita nazionale e della storia più recente in particolare, molte ancora sono state luoghi di convegno di grandi uomini di stato italiani e stranieri, di incontri di alti ufficiali e sedi per la firma di trattati politici e militari, di armistizi, convenzioni, insomma, di tanta parte della vita e della storia d’Italia.

     Una caratteristica delle Ville Venete, limitata, circoscritta proprio al territorio vicentino, è quella delle facciate dipinte a fresco o decorate a graffito nei prospetti esterni, prospicienti su piazze e vie principali, da pittori assai celebri. Basterebbe per tutte la citazione di quella bellissima casa ricoperta di tutto un grande dipinto esposto all’aria e alla luce, sottoposto agli elementi atmosferici corrosivi e distruttori, specie in quelle regioni torride per lunghissimi inverni, ( casa Michieli – Bonato ) affrescata nel periodo di massima creatività, dal maggiore dei Da Ponte soprannominati i Bassano, Jacopo, il capostipite di questa numerosa e geniale famiglia di artisti bassanesi, nella stupenda Bassano del Grappa.

     In quest’opera veramente singolare, il Mazzotti, con rara competenza, penetrazione e grande amore, ha rifuso tutto un materiale pregevole, il più diverso e tutto parimente di grande interesse per la conoscenza del patrimonio artistico di queste ville. Sicché in esso troviamo trattati e la costruzione e il giardino, il paesaggio e la scenografica disposizione a terrazze e scalinate dei parchi immensi costellati di laghi e rifugi di pacifica solitudine, la statuaria studiata per essere collocata all’aperto immersa in un mare di luce e sussidiata da variare della luce stessa e dell’ombra, i celebratissimi cicli di affreschi specie del Veronese e del Tiepolo, il ferro battuto e gli artistici cancelli, lampadari, lampioni, stucchi, dorature, stoffe, tappezzerie e tutto quanto sopravanza di ieri e rende signorilmente e nobilmente agiata ancora oggi la residenza anche nei suoi ambienti interni, intimi, divenuti oggetto di attento studio e di esaltata ed ammirata bellezza.

     E’ da augurarsi piuttosto che l’opera di Mazzotti che ha portato con rara competenza ed amore alla costituzione dell’Ente Ville Venete, venga seguita, imitata da altri, sia cioè esempio e monito a tutte quelle regioni incuranti di preservare e custodire le testimonianze di tanto passato, di tanta civiltà, perché siano, oltre che patrimonio di godimento e di richiamo a conoscere ed amare la nostra terra, di stimolo e di incitamento a continuarne l’opera ed a perpetuarne la trama artistica.

     Ma è in altra sede che riprenderemo questo nostro breve e fugace discorso per svilupparlo nella sua parte essenziale, soprattutto tecnica, ed illustrare convenientemente, con insieme e particolari, quanto può ancora oggi costituire bell’esempio nel costruire ad ambientare residenze estive o di permanente abitazione all’aria aperta, in campagna, ed educare ad una edilizia più consona alle esigenze del vivere civile, chi ha condotto certa e tanta presunta architettura di oggi, a squallida e fredda, disadorna prigione del corpo e dello Spirito, ancora oggi e sempre unico Signore della vita.

 

Alfredo Entità

 

Scuola Salesiana del Libro 1964