1949 - ARTE ASTRATTA AL CIRCOLO ARTISTICO DI CATANIA

 

 

 

Ildebrando Patamia, Senza Titolo, Olio su carta, cm. 35x24

 

 PITTURA ASTRATTA al CIRCOLO ARTISTICO, 20 Luglio 1949

 

 

         Se ci è lecito asserirlo, diciamo che non si può condannare una cosa di cui non si è capito nulla, per il semplicissimo fatto di non averla capita. Se un condannato in questo dev’esserci, questi non può e non deve essere il non capito ma chi non ha capito ed ha il dono di non capire. Con ciò premettiamo che non vogliamo difendere in blocco, ciò che il pubblico catanese degli amatori, boccheggiante d’ afa e assorbito dalle cure del meritato riposo estivo, ha condannato alla unanimità, per sentito dire, con la sua indifferenza, senza aver visto e capito. Dio ce ne scansi dall’assumerci una tale eredità e gravosa responsabilità. Chi sa dove ci condurrebbe tale assunto, con quale fardello di responsabilità e attraverso quali vie più o meno impervie e tortuose.

         Anche noi come il grosso degli amatori e cultori catanesi, facciamo la critica (?) soltanto a ciò che ci è chiaro e facile e ci cade sotto mano, senza tanto scomodarci ed infastidirci sia con la mente che con la vista, con l’intelletto e col gusto. E i gusti e intelletti e intelligenze, si sa bene, sono diversi, come diversi sono gli osservatori e i punti di vista o modi di giudicare e vedere, sentire e capire il bello.

         Sentiamo di dover avvertire però, che il bello prediletto, gustato e capito dalla più parte del nostro pubblico amatore e intellettuale, in tema d’arte figurativa,  è un bello assai scadente e a buon mercato, un bello affatto sapido che non costa molta fatica a vedere e capire e che si può benissimo identificare con la natura pesta e slavata, vuota di succhi vitali e sorgenti di vita ribollenti di linfa, facile cioé a gustarsi e con la quale aderisce assai facilmente il gusto di molto pubblico grosso, come alle forme del vasaio l’argilla  e alla concezione dell’astuto lestofante presto messa in opera e sfruttata l’ingegnosa trovata di far quattrini vendendo fumo a caro prezzo o anche a buon mercato.

         Ecco come si spiega che molti nostri salotti aristocratici rigurgitano di cose bruttissime e prive di vita e di arte, di pittura stucchevole e senza nervi, di paesaggi e figure alla Coromaldi, di cani scodinzolanti e selvaggina pencolante dal carniere, di figure svenevoli e di amanti dagli sguardi languidi e voluttuosi e dagli abbandoni provocanti. Non so se può giovare il ricordare ciò che tutti ben sanno, che secondo Platone ««bello è difficile», che «apprendre a voir est le plus long apprendissage de tous les arts» secondo De Concourt e che «il più sicuro metodo per giudicare una pittura – secondo Valery – è di non riconoscervi da principio, nulla.

         Si potrebbe continuare di questo passo, senza tema di finire, senza per ciò pretendere di obbligare, conducendoglielo per mano, il nostro pubblico colto a visitare le mostre d’arte siano esse astratte o non, come è stato di recente per la mostra di Pericle Fazzini, artista grande di fama internazionale e di doti creative e plastiche non comuni davvero.  Teniamo a precisare con ciò, che non vogliamo dire che quello che è esposto in questo momento al Circolo Artistico sia arte e oro colato o zecchino; anzi, al contrario, può essere tutto piombo e roba da metter via o gettare al forno a far fiamma; ma non si deve condannare proprio tutto, perché in essa c’è, resta pur qualcosa di buono e di costruttivo, cioè l’intenzione sia pure cervellotica, se si vuole, di fare del nuovo, di creare una nuova forma d’arte, di dare insomma al pubblico, donare anzi, per il bene del suo spirito, qualcosa che si distacchi e differenzi dall’arte facile esercitata assai di buon grado da esso pubblico nel far quattrini con ogni mezzo lecito e illecito affogando insaziabilmente nell’insano scompiglio senza scrupoli e nel terrificante arbitrio di cui oggi sì assai bellamente si colora ed orna la vita.

         Non so questo a quale branca delle arti appartenga; ma voglio domandare a quel pubblico che condanna l’arte astratta anche nell’intenzione, se, in contrapposto alla propria arte,  più che reale, l’astrattismo come arbitrio artistico è fuori dal raggio assunto dal ritmo della vita d’oggi. E’ forse bella l’arte sullodata esercitata dalla più parte del pubblico dotto o meno?  E’ tutto questo forse ammissibile? Non è qualcosa che si accosti all’arbitrio dell’astrattismo in pittura, o alla bomba atomica o al sommergibile o alla macchina razzo o aeroplano, alla radio, alle onde sonore e microonde, ai raggi cosmici, al fulmine o folgore infrenato dall’intelligenza umana, insomma, al ritmo più o meno celere e vertiginoso della vita d’oggi. Non è forse questa, arte astratta alla maniera di quella esposta al Circolo Artistico? Non è ciò che si disgrega dallo spazio, che l’uomo divincola a viva forza dalla natura, ciò che l’uomo strappa con forza dalle ristrette gole del cosmo infinito e vario in continua ininterrotta lotta con lo spirito umano?

         Ma noi non abbiamo alcuna voglia di celiare né l’artista quella di scherzare, né quelle forme e quei colori di passare per moneta sonante. Si tratta di tentativi, di ricerche, di ammirabili sforzi compiuti con molte difficoltà nei più convinti, dal povero ma pur sempre grande nella miseria, artista, per imboccare un sentiero migliore, per trovare una via nuova che giovi non a lui ma al suo prossimo, per rinnovare le arti e …a quella gora dove sono rimaste a stagnare, imputridire o marcire per tanti anni.

         Di arte, di quella che vorrebbe si continuasse a fare il nostro pubblico, la sola Rinascenza ne creò tanta quanto basta per ricreare lo spirito almeno per diecimila anni ancora.

         Occorre però fare altro, tentare vie nuove con nuovi mezzi di tecnica e nuove forme,rinnovare l’arte anche nel colore e nell’atmosfera che vi circola, conquista questa dell’arte moderna che ha introdotta nel quadro aria e luce che mancava prima, con pieno senso della spazialità; occorre insomma, ed è anzi urgente ed indispensabile, creare del nuovo, uscir fuori dal vieto e trito verismo o naturalismo, così come nel loro tempo, forzando la natura, violando la tradizione, uscirono fuori Giotto e Masaccio, Botticelli ed Antonello, Michelangelo e Leonardo, il Greco e il Caravaggio, il Magnasco e Goya, Tiepolo,  Modigliani, Rosso, Cèzanne, van Gogh, Matisse, Barradas e tanti altri che hanno operato con ingegno e coscienza, animati solo dal desiderio di giovare al comune mortale e dire qualcosa di nuovo che gli fermentava o ribolliva dentro, che Dio ispirava nei loro grandi spiriti.

         Sappia infine il pubblico degli amatori che molti di quelli che fanno l’arte astratta, sanno trattare bravamente la figura e il paesaggio, il ritratto improntato al vero fotografico e il paesaggio oleografico come piace al pubblico grosso mandandolo in visibilio.

         Sappiano gli amatori che i più di questi artisti, per fare l’astrattismo, per tentare vie nuove,  rinunciano al guadagno sicuro, chi facendo e non creando, un’arte dozzinale, così come il pubblico ama e i tempi richiedono sfornando un’arte commerciale di facile smercio e quanto altro fanno coloro che non sanno staccarsi dalla realtà cruda e avvilente, dalla vita contingente di ogni giorno, dalla quale non si staccano e deviano gli uomini abituati come gli asini a calcare sempre lo stesso sentiero con la medesima soma e gli orecchi larghi e bassi.

         L’arte astratta dunque se non soddisfa per quello che rappresenta resta sempre una via aperta, un’arte per tutto quello che suggerisce, possibile di sviluppi e di conquiste vitali.

         In questa mostra espongono V. Parisi, A.Perilli, S. Mirabella, N. Di Rotella, C. Accardi, U. Attardi, L. Manisco, M. Guerrini, N. Kasak, A. Sanfilippo, S. Carta, U. Sterpini, G. Turcato. Ingresso e catalogo sono gratuiti; il pubblico dunque, vada, guardi e, sia pure insoddisfatto, annoti nella mente;  chi sa domani, soddisfatto, non debba battersi le tempia e richiamare alla memoria per ricollegare con altro che potrà convincerlo e farlo ricredere indicandogli quale la via dell’arte per giungere alla creazione. Il bello, come si ricorda, ha detto Platone, è difficile.

 

Alfredo Entità

 

 GIORNALE DELL’ISOLA -   Catania, mercoledì 20 luglio 1949